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Capitolo 15

Per tutta la settimana, Osvaldo aveva spiato gli orari mattutini di Adele, per riuscire ad organizzarsi per la mattina di venerdì, il giorno del compleanno. Aveva raccolto tutti i fiori dell’orto di Miranda: non ne aveva risparmiato neppure uno. Per la tavola, aveva preparato un piccolo mazzolino; gli altri, li aveva tutti separati in petali: un tripudio di colori e profumi … Per coprire il pavimento che separava la stanza di Adele dalla sala colazione. Adele sarebbe uscita dalla sua stanza intorno alle sette. Per quell’ora tutto doveva essere pronto.
Si era alzato alle quattro, con un buon margine di anticipo, per essere sicuro di riuscire a far tutto, senza essere scoperto anzitempo. Aveva seguito la ricetta alla perfezione, mescolato gli ingredienti, molto lentamente, come si era raccomandato Toni e ci aveva messo anche l’ingrediente indispensabile: la passione. Mentre la crema cucinava in forno, Osvaldo aveva iniziato a preparare la tavola come gli avevano suggerito Toni e Miranda: la tovaglia ricamata, le tazzine decorate, i fiori, il cioccolatino. Poi era salito senza far rumore al primo piano, ed aveva iniziato a spargere petali di fiori sul pavimento, giù, giù, lungo la scala, fino alla sala colazione. Tanti petali, come se piovesse.
Aveva lasciato raffreddare la crema, aveva messo sopra lo zucchero di canna e poi aveva rimesso lo stampo di ceramica in forno, un’altra volta, affinché si formasse quella crosta dolce e caramellata, che tanto piaceva a Adele.
Erano le sette e tutto era pronto. Osvaldo era alla base della scala, a piano terra, con il cappello da cuoco in testa e la divisa bianca da chef: se ne stava ritto in piedi e attendeva di intravedere Adele, mentre usciva dalla stanza. La creme brulé era in tavola, nascosta sotto il coperchio di un vassoio da portata in argento, contornata dal servizio in porcellana: sembrava la tavola apparecchiata per una regina.
Adele aprì finalmente la porta della sua stanza e si affacciò sul corridoio del primo piano: rimase meravigliata, nel vedere tutto il pavimento ricoperto di petali profumati, fino alla scala. Indossava una vestaglia rosa con taglio a chimono e fantasie orientali e delle vezzose ciabattine, con un po’ di tacco e piume di struzzo, che lasciavano intravedere la punta delle dita dalle unghie laccate. Osvaldo la aspettava, nascosto vicino alla porta della sala colazione. Adele entrò e notò subito il tavolo apparecchiato, i fiori, la tovaglia ricamata.
- Questo è tutto per te! Auguri, Adele! – Si abbracciarono. Lei rimase così sorpresa da non riuscire a dire nulla; continuò a guardarlo negli occhi, con lo sguardo pieno di gratitudine. - Ti ho preparato una sorpresa, però vorrei giocare un po‘ con te … - disse Osvaldo bendandola con una delle sue cravatte di seta e lei stette al gioco: voleva farsi sorprendere fino in fondo.
Osvaldo l’accompagnò lentamente al tavolo e la fece accomodare. Scoperchiò la creme brulé. Poi si sedette proprio dietro di lei, le prese le mani, circondandola con le sue braccia. Accompagnò lentamente la mano destra della donna verso il cucchiaio, facendole sfiorare delicatamente con l’indice della mano sinistra, la formina in ceramica della creme brulé. Era un uomo avvolgente, lei ne poteva sentire il respiro, proprio vicino all’orecchio … Si trattava di un gioco erotico e seducente: e lei ne era piacevolmente consapevole. Adele, non riuscendo ad affondare il cucchiaio in quella che credeva fosse una semplice tazza di caffè, capì all‘istante: si trattava di una creme brulé, il suo dolce preferito. Rotta la crosta, che lo zucchero caramellato aveva formato in superficie, affondò il cucchiaio nella crema tiepida, che profumava di vaniglia. Lui intanto, le teneva sempre la mano destra, accompagnando il cucchiaio verso la bocca, le faceva annusare la crema ed intanto le sfiorava le labbra con l’indice della mano sinistra, respirando il profumo dei suoi capelli.
Una vampata di calore improvvisa le avvolse il corpo, ma non era solo la vicinanza di Osvaldo, che la circondava con una stretta delicata: era l’atmosfera intima e sensuale che si era creata tra loro. Impossibilitata a vedere, Adele concentrava la sua attenzione sui rumori, i profumi, i sapori e le mani di lui. Sentiva il respiro dell’uomo sulla nuca ed il profumo del dolce nelle narici, il sapore del caramello croccante sotto i denti e poi la crema tiepida, morbida, piacevole al palato, che le riempiva lo stomaco. Un piacere profondo, che le dava un senso di benessere completo e appagante, come può esserlo la poppata mattutina per un lattante. Adele si abbandonò completamente ai sensi, godendosi lentamente la crema. Aveva le orecchie sempre più rosse e la pelle del petto, visibile dalla scollatura della vestaglia, che luccicava per il sudore alla luce del giorno.
Osvaldo si accorse del suo turbamento: forse aveva esagerato, forse stava andando tutto troppo velocemente … e si fermò, guardandola, dietro alle lenti appannate. - Mi piace … giocare, non fermarti. - disse Adele ed era proprio quello che lui sperava di sentire, per continuare. La baciò dapprima sul collo, delicatamente le accarezzò le spalle, mentre lei, per tutta risposta, sciolse il fiocco della vestaglia, che scivolò via, lentamente, leggera verso terra. Adele indossava una sottoveste impalpabile, in raso di seta viola, che metteva ancora di più in risalto la pelle diafana e le sue rotondità. Tutto il suo corpo era armoniosamente morbido, i seni pesanti appoggiavano sul ventre pronunciato e le cosce parevano dei floridi prosciutti, coperti dal tessuto cangiante della sottoveste. Osvaldo le sfilò lentamente la cravatta dalla testa. Adele sorrise: si girò improvvisamente, buttandosi tra le braccia dell’uomo in un impeto di passione. La sedia in legno scricchiolò sotto il peso dei due corpi ed all’improvviso cedette con un botto. Osvaldo si trovò con il sedere a terra e con entrambe le mani sui morbidi glutei della donna. Una mano non era sufficiente per agguantare una sola natica, mentre le sottili spalline della sottoveste di Adele avevano ceduto, liberando i seni morbidi e opulenti, che si erano fermati sulle spalle dell’uomo, cingendogli il collo in una calda morsa. Lei indossava un sorprendente perizoma leopardato viola, quasi invisibile. Osvaldo si fermò. Gli occhiali appannati e storti sul naso gli impedivano di vedere oltre. - Ti sei fatto male? - chiese sottovoce la donna, togliendogli gli occhiali. - No, tutto a posto. - Adele si alzò e disse - forse sopra staremo più comodi, vieni - lui la seguì, abbandonando, velocemente, mano a mano che saliva la scala, tutti gli indumenti, gettandoli tra i petali di fiori. Aveva tenuto solo il cappello da chef in testa, perché faceva parte del gioco. Furono ore di passione, nella camera di Adele: Osvaldo doveva recuperare tutti gli anni di astinenza. La lampada del comodino volò a terra con una pedata, la rete del letto cigolò, facendo vibrare il pavimento. Alla fine, esausti, si ritrovarono in cucina. Osvaldo versò latte e caffè caldi nella tazza di Adele, poi ne preparò una anche per sé.
Adele lo guardò negli occhi, senza dire nulla. Poi appoggiò la tazza, lo accarezzò e disse - Grazie, sei stato bravissimo. La creme brulé, era deliziosa. -





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