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Capitolo 20

Giovanna aveva atteso la colazione invano, quella mattina. Ad un certo punto, si era alzata, avvertendo la puzza del caffè bruciato sulle piastre. Correndo a piedi nudi verso la cucina, aveva calpestato gli escrementi di Cocò sul tappeto finto-persiano del soggiorno, nel tentativo di arrivare in tempo a spegnere la piastra, prima che la caffettiera diventasse incandescente.
L’impatto con l’escremento era stato devastante per il suo sistema nervoso, da sempre abituato a non tollerare gli imprevisti. Odorare le feci di un cane, per quanto piccolo, spalmate sul tappeto e sui propri talloni alla mattina appena alzati, mette a dura prova gli stomaci più forti. Giovanna non aveva retto ad una catastrofe di quel tipo e quindi aveva finito per vomitare, aggrappata al water, nel piccolo bagno dell’appartamento confinante con la stazione ferroviaria. Si era pulita i piedi con la carta igienica e con i guanti in gomma, piangendo. Poi, con il cotone idrofilo intriso di acqua di colonia del supermercato nel naso per non sentire la puzza, si era messa a carponi sul tappeto, per pulire le deiezioni e ristabilire al più presto possibile l’ordine in quella casa.
Osvaldo, rientrato, l’aveva trovata così: isterica, con il cotone nelle narici e la french manicure rovinata, a quattro zampe sul tappeto del soggiorno e le finestre della casa completamente aperte, per arieggiare i locali.
Lo aveva aggredito come una furia. Il rumore dei treni che passavano sui binari della stazione, coprivano solo in parte le urla della donna, che, avvolta nelle tende svolazzanti per la corrente d’aria e le extension con l’attaccatura ormai visibile per la crescita dei capelli, appariva come una vera e propria strega agli occhi di Osvaldo.
L’uomo la fissava, senza tradire emozione, pareva quasi sfinito, senza forze. Rassegnato, si era diretto in bagno, indifferente alle urla della strega. Si era fatto la doccia, cercando di levarsi di dosso tutta l’angoscia che lo aveva attanagliato dal momento del risveglio. Poi si era fatto la barba guardando i treni e si era cambiato d’abito iniziando infine a fare la valigia. Nel frattempo, Giovanna aveva terminato le operazioni di rimozione degli escrementi e si era un po’ calmata. Vedendo Osvaldo fare la valigia, però era tornata alla carica. - Che cosa hai combinato? E cosa ci fai qui, a quest’ora? -
- Mi sono licenziato. Ho mollato tutto. L’ho fatto: ho pure cagato sul tappeto di Zecchini. Era anni che desideravo fare una cosa del genere … me ne vado, Giovanna. E‘ finita, non sono più felice, qui. - rispose l‘uomo.
- Ah, è così? Te ne vai? Credi di risolvere tutto, così? Fuggendo altrove? Ma guardati … sei solo un fallito!! - disse la donna
- Non ti è mai interessato veramente nulla di me. Ho deciso, è finita, vado via. - disse l‘uomo, continuando a riporre i suoi abiti nella valigia.
- Ma sentilo!! Non hai mai preso una decisione vera in vita tua! Sono stata sempre io ad organizzare tutto! Potevi fare carriera … Potevamo cambiare casa, andare in una zona più elegante! Ma tu no, tu dovevi vedere i treni! E poi guardati! I rappresentanti sono sempre molto curati, belli, eleganti e … magri!!! Con quel fisico puoi fare solo il salumiere … o il cuoco! - disse la donna, riprendendo le sembianze di una strega.
- Penso che non sentirai la mia mancanza. Ti basterebbe un domestico per rimpiazzarmi. E poi, che cosa hai contro i salumieri … o contro i cuochi? - disse Osvaldo, chiudendo la valigia e avviandosi verso la porta. Poi aggiunse - Ti farò sapere il mio indirizzo, per le pratiche del divorzio. Al momento non so dove andrò … Ah, dimenticavo: il garage non l’ho mai usato, la Volvo non ci stava. E’ subaffittato alla Gloria, la signora del sexi shop, ogni primo del mese ti porterà i soldi. Addio -
- Fallito!!! Sei solo un fallito! - urlò ancora Giovanna, mentre Osvaldo chiudeva la porta. L’uomo si era fermato sul pianerottolo e aveva ripreso fiato. Dopo, ancora provato, aveva iniziato a scendere le scale. Aveva aperto il portone respirando profondamente. Lo smog del Viale della Stazione gli era sembrato migliore dell’aria di casa sua.
- Ciao Osvaldo! Dove vai? In vacanza? - chiese Gloria, che era uscita dal negozio per fumarsi una sigaretta. - Ciao. Me ne vado. Ho lasciato Giovanna. Mi sono anche licenziato. Non so se e quando tornerò a Barazzo. I soldi dell’affitto puoi lasciarli a mia moglie. Ciao. -
- Comunque se ti trovi in difficoltà e ti serve un lavoro, puoi sempre fare il rappresentante per la mia merce, ricordalo! - - Ah, si, certo! Grazie, me lo ricorderò! -
- Rappresentante di vibratori - pensò - … Donne! Sono così belli che non dovete lasciarli in un cassetto … Nooo! Perché signore, siii!… Danno un tono all’ambiente!… Ma te lo immagini? Io, rappresentante di quella roba?… - Caricato le valige nel bagagliaio della Volvo, si era messo al posto di guida ed era partito, con un po’ di fumo e qualche botto, verso una destinazione ignota. Aveva guidato per ore, senza una meta precisa, andando verso nord, verso le montagne. Se all’inizio si era sentito bene, se licenziarsi e abbandonare definitivamente la moglie gli aveva procurato un certo sollievo dall’ansia, ora iniziava ad avere qualche dubbio. Nelle sue orecchie continuavano a rimbombare le urla di Giovanna: - Sei un fallito!Non hai mai preso una decisione nella tua vita! Fallito! Fallito! - Aveva la vista completamente annebbiata. Non aveva mangiato e bevuto nulla, ma non era lo stomaco a procurargli quella strana sensazione di malessere al petto. Era un grosso peso sul cuore, qualcosa che gli rendeva il fiato corto. In costante iperventilazione già da alcuni chilometri, si era fermato su una piccola area di sosta, a ridosso di un tornante panoramico. La temperatura dell’acqua aveva quasi raggiunto il rosso. Il carburante era quasi finito, come le sua speranze. Era sceso e si era guardato intorno: chissà dove era finito. Non aveva consultato neppure il navigatore ed ora guardava la vallata, sporgendosi dal guardrail, oltre il quale iniziava un precipizio profondo almeno 400 metri. Sarebbe stato sufficiente scavalcare il paracarro e fare un passettino in avanti, e poi lasciarsi cadere nel vuoto. Un ultimo volo, anzi, un tuffo, “a bomba”come quelli che era solito fare in piscina, da giovane. Prima o poi lo avrebbero trovato, il corpo. Dopo alcuni giorni qualcuno si sarebbe chiesto il perché di quella macchina parcheggiata a lato della strada e poi lo avrebbero trovato, schiantato in fondo al burrone. La notizia sarebbe apparsa sui giornali, magari con un certo sarcasmo. Lui non era un cercatore di funghi, scivolato per raccogliere un porcino. Non era neppure un cacciatore, che si era sporto per prendere la mira e ammazzare un raro esemplare di gallo forcello nella penombra del mattino. No, la spiegazione che avrebbero dato i giornali sarebbe stata questa: “Automobilista precipita incautamente nel burrone. Cercava un posto per urinare.“ Anche Giovanna, magari, avrebbe riso di lui, così come il dottor Zecchini, i colleghi ed anche i cinesi del chiosco del parco della stazione. No. Se suicidio doveva essere, meglio scriverlo. Prima di togliersi la vita, si scrive sempre qualcosa, su un foglio. Ecco, avrebbe fatto proprio così. Il foglio lo avrebbe lasciato nel cruscotto della macchina, e poi si sarebbe tuffato, nel vuoto, a “bomba”. Bastava cercare un foglietto, il retro di uno scontrino o di un biglietto da visita, non doveva scrivere molto. Aveva infilato le mani nelle tasche dei pantaloni ed aveva estratto un cartoncino. Era un “BUONO PER SETTE GIORNI SPENSIERATI “. Osvaldo lo aveva guardato, lo aveva riletto due e tre volte. Come era possibile che quello stesso BUONO, frutto della sua immaginazione onirica potesse essersi materializzato proprio adesso, nella tasca dei suoi pantaloni? Osvaldo era sbigottito, ma gli scappava da ridere. In fondo, non era il caso di scervellarsi troppo per cercare una spiegazione logica. Ci sono cose, a volte, che non si riescono a spiegare, ma succedono … Sono fenomeni incomprensibili, ma sono proprio quelle cose che possono capovolgere le sorti di una giornata.
E così era successo, Osvaldo era risalito in macchina ed aveva archiviato, almeno per sette giorni, l’idea malsana di tuffarsi “a bomba” dal tornante.
Avrebbe raggiunto il primo paese, avrebbe cercato un posto per mangiare.
Ed ecco, tutto ad un tratto, all’uscita di una curva era stato abbagliato dai raggi di sole e si era trovato sotto la testa di un drago. D’istinto aveva inchiodato. Era proprio uguale a quello del sogno. Poi aveva visto un cartello. C’era scritto “Bed & Breackfast Al drago“, con una freccia gialla, che indicava una stradina che saliva verso monte e conduceva alla pensione. Certo, né il posto, né il cartello erano quelli del sogno, ma Osvaldo aveva avuto un tuffo al cuore ed aveva deciso di andare a vedere. Vicino all’ingresso c’era anche un altro cartello, “CERCASI AIUTANTE TUTTOFARE”. L’uomo aveva parcheggiato e poi era entrato. La pensione era accogliente, con tanti quadri alle pareti ed un profumo di fiori di lavanda che faceva sembrare tutto molto pulito.
- C’è nessuno? - disse avanzando nel lungo corridoio. - Buongiorno! - Rispose una voce di donna alla sue spalle. - Desidera? - Osvaldo si era voltato, curioso e nello stesso tempo ansioso di vedere la proprietaria della pensione. Non si trattava della donna del sogno, ma il sorriso e la luce dei suoi occhi avevano lo stesso guizzo della “sua” Adele. Era una gran bella donna, mora e con gli occhi scuri, sicuramente aveva più di quarant’anni ed un fisico prorompente, molto mediterraneo. Osvaldo era rimasto ammutolito, fino a quando la donna non aveva ripetuto -Desidera? - - Buongiorno! Mi chiamo Pinelli … Sto cercando un lavoro. Ho visto il cartello che c’è fuori e mi chiedevo se … - - Certamente! Ne ho un estremo bisogno! - La donna aveva un forte accento francese, che aveva lasciato Osvaldo a bocca aperta - L’aiutante che avevo è fuggito l’altro ieri con la sua amante, la moglie del macellaio ed io sono rimasta completamente sola e con la pensione piena di ospiti. Perciò … Assunto! Venga, le faccio vedere le stanze … - - Che cosa dovrei fare? Chiese Osvaldo, asciugandosi il sudore che gli colava dalla fronte. - Dovrebbe alzarsi presto la mattina e darmi una mano in cucina, per preparare la colazione. Poi ci sarebbe da passare l’aspirapolvere e aiutarmi a sistemare le stanze e … Venga, Signor …Pinelli! Venga a vedere il lago! - disse la donna. - Mi scusi, signora …? - - Il mio nome è Adèl, ma tutti mi chiamano Adele, ormai da anni. - L‘uomo era sempre più piacevolmente sorpreso - Io mi chiamo Osvaldo. Lei parla molto bene l’italiano … ma è francese, vero? Il suo accento è inconfondibile. Come mai si trova qui? -
- Sono più di vent’anni che mi trovo in Italia … sono capitata qui per caso, inseguendo un amore … poi l’amore è finito ed io sono rimasta. Sono francese, vengo da Nizza. Ma il mare non mi manca sa? Qui abbiamo un bellissimo lago, venga. -
Osvaldo si era affacciato al grande terrazzo della pensione; guardava il panorama. Gli si era illuminato il viso e aveva iniziato a sorridere. - Credo di riconoscere questo posto. Forse sono già stato qui, un tempo. - disse guardando Adele.
- Vede, laggiù? Quella è la chiesetta di S. Giacomo, circondata dalle mura del piccolo cimitero. Poi c‘è il sentiero con le betulle che conduce alla sponda opposta, dove c‘è la canonica, la caserma dei vigili del fuoco volontari, la scuola elementare, qualche negozio. Vede quella strada? Andando a destra si arriva alla birreria artigianale. Dall‘altra parte, si possono raggiungere diversi masi dediti all‘agriturismo. C‘è anche un allevamento di struzzi. Dopo l‘incrocio, continuando sulla riva del lago, c‘è la sede della Cooperativa “Prendi e vai!”. L‘ha fondata un ex tassista. Si può noleggiare qualsiasi tipo di mezzo per gli spostamenti: bici, cavalli, macchina con autista, barche a remi, sci da fondo e bastoncini per nordic walking. Pensi che fino a due anni fa, non c‘era nulla di tutto questo. Il paese stava morendo, i giovani lo stavano abbandonando, perché non c’erano prospettive di lavoro. Ma da quando hanno sistemato la strada, va tutto molto meglio. C’è più turismo: gente che ama le camminate, la natura, la cucina e la buona musica. - disse Adele, orgogliosa.
- Come si chiama questo posto? - chiese ancora Osvaldo sempre più contento.
- Si chiama San Giacomo al lago. - rispose Adele, aggiungendo: - Proprio qui sotto c’è la trattoria “Alle pietre rotolanti” il cuoco si chiama Toni ed è bravissimo … Stasera c’è un concerto rock … Si va insieme, eh, Osvaldo? - - Concerto rock? Fantastico! - disse l’uomo, sempre più entusiasta.
- E lei, da dove viene? - chiese la donna
- Vengo da Barazzo. Ho guidato per parecchie ore. Sono finito qui per caso … Mi tolga una curiosità: conosce la creme brulé?
- La creme brulé? Oh, certo. E’ il mio dolce preferito. E’ una delizia indimenticabile. - disse la donna, socchiudendo gli occhi. E così, Osvaldo, ricominciò a sognare. Un’altra volta.



FINE

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