Capitolo 5
Una
volta superati drago e cartello, Osvaldo poteva vedere un‘insegna
illuminata di colore giallo, tenuta in bocca da una specie di rapace
di metallo, che muoveva le ali con il vento. Il volatile era
attaccato ad una catena, sempre di ferro battuto, che penzolava
oscillando da un palo alto circa tre metri.
L’insegna
riportava la scritta in rosso “BED
& BREAKFAST da ADELE”
con una freccia che indicava una strada sterrata che saliva verso
monte. Direttamente sotto l’insegna,
ma su un cartello di cartone plastificato, scritto in stampatello con
un pennarello indelebile, si leggeva: “CERCASI
CUOCO PER LA COLAZIONE”.
Il B&B non era lontano, si poteva intravedere già il tetto di
tegole scure. Osvaldo non ci pensò su due volte; era stufo di
viaggiare e la Volvo aveva bisogno di fermarsi. Curvò in direzione
dell’edificio, mentre altri animali strani di ferro battuto
spuntavano qua e là, tra i cespugli, fino al cancello aperto che
dava sul cortile della casa. Questo era un piccolo spiazzo, coperto
di ghiaia e delimitato da alte mura di roccia, uguali a quelle del
piano terra dell’edificio, lungo e stretto, di cui ora erano
visibili due intere facciate. Il piano superiore dell’edificio era
in legno di larice, come gli scuri e le finestre. In passato era
proprio lì che i canonici agostiniani passavano l’estate,
l’edificio era poi stato venduto e riadattato a locanda già dal
1930. Una lampada, accesa sopra la porta vetrata, illuminava
l’ingresso nella penombra del tramonto. Osvaldo aveva parcheggiato
la macchina accanto ad un pullmino con targa germanica, unico veicolo
nel cortile, eccetto un piccolo fuoristrada con il logo del B&B,
poi si era avviato verso l’ingresso. Il venticello della sera aveva
rinfrescato piacevolmente l‘uomo, abituato al calore serale della
città. Appena aperta la porta di ingresso, Osvaldo si era trovato in
un atrio molto accogliente, con vecchie cassapanche di legno, alcuni
disegni incorniciati alle pareti, qualche candela profumata e
mazzolini di fiori freschi. Alla destra una piccola stanza fungeva da
reception, dentro alla quale si vedevano appese le chiavi delle
stanze, mentre alla sinistra c’era una piccolo
deposito-guardaroba. L’atrio proseguiva con una scala centrale di
legno che saliva al piano superiore ed un lungo corridoio sul quale
si aprivano le porte di molte stanze. La parete del corridoio era
rivestita fino a metà altezza da una boiserie; c’erano molti
quadri appesi alla restante parte intonacata del muro. In fondo, si
intravedeva una piccola porta con i vetri colorati e piombati come
nelle chiese, con un arco a sesto acuto. A pavimento erano state
posate lunghe assi di larice al naturale e si poteva sentire un
accogliente calore e un gradevole profumo di legno.
-
C’è qualcuno? - gridò Osvaldo guardandosi un po’ intorno. -
Arrivo! - fece una voce dall’alto della scala. Osvaldo si voltò ed
iniziò a vedere delle graziose scarpette da donna rosse con il tacco
basso, delle caviglie sottili a cui facevano seguito dei polpacci
ben torniti e grassocci, una gonna classica svasata grigia ed una
camicetta bianca, molto femminile, con i volant, che mascherava solo
in parte un seno florido e prosperoso. - Buonasera! - L’uomo sentì
ancora solo la voce, un attimo prima di vedere il viso paffuto di una
donna dalla apparente età di cinquanta anni, con i capelli raccolti
e ordinati e una ciocca di capelli grigi al centro. La donna
sorrideva cordiale, con degli splendidi occhi verde chiaro
leggermente truccati; scendeva con naturale eleganza dalla scala ed
era molto bella seppur di piccola statura e rotondetta. - E’ la
signora Adele? - chiese Osvaldo allungando la mano per stringere
quella della donna, - Mi chiamo Pinelli, cerco un posto per dormire
- La donna strinse la mano all’uomo e rispose - Il mio vero nome è
Adèl, ma tutti mi chiamano Adele, da tanti anni. Posso senz’altro
trovarle una stanza per la notte, abbiamo ancora posto. Per quanti
giorni pensa di trattenersi? - chiese la donna a Osvaldo, parlando
con un leggero accento francese. - Non lo so ancora, di preciso.
Penso una trentina di giorni. Se per lei non è un problema,
confermerei la mia permanenza di settimana in settimana. Intanto le
anticipo 15 notti, colazione compresa. Sempre se è possibile avere
la colazione. Ho visto che sta cercando un cuoco…- rispose Osvaldo
un po’ stupito per l’insolito cartello visto poco prima sotto
l’insegna del locale. - Va benissimo! La colazione è compresa, non
si preoccupi. Anche lei è un biologo che si è spinto fin quassù
per contare i gamberi nel lago Bianco? C’è un gruppo di 7 studiosi
tedeschi che occupano già da un mese quattro delle 8 stanze
disponibili. Ne avrei ancora una con una splendida vista sul lago,
può avere il sole alla mattina quando sorge ed ha il bagno in
camera. - - Andrà benissimo!…Comunque, no, non sono qui per
studio. Vendo aspirapolvere. Se è interessata, potrei anche farle
una dimostrazione, naturalmente senza alcun impegno da parte sua.
Vedo che ci sono molte stanze, avrà anche molti tappeti…- disse
Osvaldo - E poco personale, soprattutto quando la stagione sta per
finire. Ne parliamo con calma domani, magari ora le faccio vedere un
po’ la pensione e la sua stanza. - rispose Adele avviandosi verso
il corridoio oltre la scala. - Il piano terra è riservato a spazi
comuni. E’ un Bed&Breakfast, ma voglio che i miei ospiti si
sentano un po’ come a casa loro, perciò ci sono degli spazi dove
possono intrattenersi. Qua c’è il soggiorno, con un piccolo angolo
cottura, a disposizione degli ospiti, che non vogliono recarsi, di
sera, alla trattoria all’orso. - disse la donna accendendo la luce
nella prima stanza. Era tutta rivestita di legno, con le tendine alle
finestre e le tovaglie ricamate sui tavoli di abete. Le finestre
erano più grandi di quelle viste sul cortile, c’era anche una
porta vetrata, dalla quale si accedeva al balcone in legno, che si
estendeva a tutta la facciata dell’edificio e guardava verso la
vallata sottostante. - Mi scusi, Adele, potrei dare uno sguardo al
panorama? Non l’ho mai visto. - - Allora non può proprio perderlo!
- disse la donna aprendogli la porta del terrazzo - Il sole è già
tramontato… ma qualcosa si vede anche adesso, c’è ancora un po’
di luce, venga, venga pure…- Una vista così, Osvaldo non l’aveva
neppure mai immaginata. Si vedeva il contorno delle montagne
all’orizzonte e il lago, avvolto da una foschia leggera, rendeva
tutto ovattato e misterioso. Si potevano vedere le luci già accese
nelle case sparse, il fumo dei camini, e si sentiva l’odore di
legna bruciata. Tutto il lago era circondato da prati e alberi di
latifoglie e qualche larice al di là della strada. Dove finiva il
lago, c’era una chiesetta, circondata dal muro di un piccolo
cimitero, raggiungibile percorrendo un viottolo alberato. Un
paesaggio dal sapore antico e incontaminato. Osvaldo respirava l’aria
a pieni polmoni, chiudendo gli occhi. Poi volgendosi ad Adele disse:
- E’ magnifico … E quella costruzione qui sotto, cos’è? - - E’
la locanda all’Orso, dista solo cinque minuti a piedi, scendendo il
sentiero. Il cuoco è veramente molto bravo. A volte c’è musica,
è un locale allegro e il bar è sempre aperto. Lei deve ancora
mangiare? - - Ho mangiato qualcosa in autostrada, non ho molta fame.
Se è possibile avere un toast e un po’ di the…- - Questo glielo
posso preparare volentieri, sarà stanco, ha guidato molto? Da dove
viene? - - Vengo da Barazzo, avrò guidato 5/6 ore, ma ho trovato
brutto tempo sulla strada militare…Lei è francese, vero? Parla
molto bene l’italiano, ma il suo accento è inconfondibile. Come
mai è finita qui? - - Per caso, per amore…come succede a molti.
Poi l’amore è finito ed io…sono rimasta. Come succede a molti.
Venga. Ho ancora altre sorprese per lei, signor…Pinelli. - disse
Adele con un sorriso - Mi chiami pure Osvaldo. - rispose l’uomo.
-
Questa è la sala dove si può fare la colazione, dalle 8 alle 10,
come vede, abbiamo messo anche i tavolini all’aperto, con il sole è
molto bello. Di fronte, dall’altra parte del corridoio, ci sono la
cucina ed i servizi. Questa è invece la stanza più bella. - disse
Adele avvicinandosi a quella piccola porta con i vetri colorati e
l’arco a sesto acuto. - Faccia attenzione alla testa, lo stipite è
molto basso - continuò la donna aprendo la porta ed entrando,
seguita da Osvaldo.
-
Era la chiesa dei canonici, ora sconsacrata. Come vede è collegata
direttamente all’edificio. Proprio per questo è unica nel suo
genere, ed è accessibile anche dal piano superiore, vede, dove c’è
la balconata? Come vede l’abbiamo trasformata in una biblioteca, a
disposizione degli ospiti.- Si trattava proprio di una chiesa, con le
vetrate gotiche. Al posto dell’altare era stato sistemato un
pianoforte a muro. Lungo le pareti laterali erano stati sistemati
molti scaffali, pieni di libri. Il pavimento di legno era stato
coperto in gran parte da tappeti e per sedersi non c’erano più le
panche ma delle vecchie poltrone, una diversa dall’altra, rivestite
con tessuti dai colori caldi, che rendevano l’ambiente molto
accogliente. Una vecchia stufa a legna, era stata spostata da
un’altra stanza e sistemata lì per riscaldare gradevolmente il
locale. - Con la fine dell’estate, quando non ci sono più ospiti,
questo diventa il mio atelier, è l’unica stanza dove c’è una
bellissima luce, proveniente dall’alto, quasi per tutto il giorno,
anche d’inverno. - raccontò ancora Adele. - Ah, ora capisco gli
animali in ferro battuto lungo la strada. Sono opera sua? - - Io li
ho disegnati. Poi li ha realizzati un bravissimo artigiano del ferro.
Tutti i quadri ed i disegni che sono appesi alle pareti sono miei.
Spero che rendano gradevole la sua permanenza. Venga, ora, le faccio
vedere la stanza. -
Disse
Adele, avviandosi verso la scala che conduceva al piano superiore.
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